Se a lavoro hai svolto queste mansioni ti spetta un ricco risarcimento

Una recente sentenza cambia le regole del gioco: ecco come trasformare un’ingiustizia sul lavoro in una vittoria legale (ed economica).

Hai firmato un contratto di prova ma ti sei ritrovato/a a fare tutt’altro rispetto alle mansioni pattuite? Potresti avere diritto a un risarcimento tutt’altro che trascurabile. Una clamorosa sentenza del Tribunale di Messina ha infatti stabilito un principio destinato a fare scuola: se durante il periodo di prova il lavoratore viene assegnato a compiti diversi da quelli previsti nel contratto, il licenziamento è nullo. E l’azienda in quel caso rischia grosso. Vediamo insieme come e perché.

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Se a lavoro hai svolto queste mansioni ti spetta un ricco risarcimento. (Faregioielli.it)

Il caso è stato sollevato da una lavoratrice assunta come specialista di salumeria, ma relegata per tutto il tempo a funzioni da cassiera, senza alcuna formazione nel ruolo per cui era stata contrattualizzata. Alla fine del periodo di prova, poi, è stata licenziata: per la serie, arrivederci a grazie. Ma il giudice ha ribaltato tutto: il patto di prova è valido solo se ti viene davvero data la possibilità di dimostrare le tue capacità in quel ruolo specifico. Diversamente, il recesso è illegale. Ma la vera novità per i lavoratori che si trovano o si sono trovati in questa situazione è un’altra…

Quando la “prova” è truccata e scatta il risarcimento per il lavoratore

La sentenza in questione apre la strada a una nuova consapevolezza tra i lavoratori: la fase di prova non è un campo libero dove tutto è permesso ai datori di lavoro. Se vieni assunto come impiegato contabile e ti fanno solo fotocopie, o se firmi per fare la commessa ma ti mandano in magazzino senza mai vedere un cliente, sei vittima di una violazione del patto di prova. E non finisce qui. Il giudice può obbligare l’azienda a reintegrarti per completare il periodo di prova corretto, oppure – se non è più possibile – ordinare un risarcimento commisurato al danno subito. Parliamo di cifre importanti, calcolate sulla retribuzione che non si è percepita, con tanto di interessi e rivalutazione.

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Quando la “prova” è truccata e scatta il risarcimento per il lavoratore. (Faregioielli.it)

Per dimostrare la violazione, bastano il contratto firmato, eventuali messaggi aziendali, testimonianze di colleghi o documenti interni che dimostrino le mansioni effettivamente svolte. Il lavoratore “sfruttato” non deve più subire in silenzio: la legge ora è dalla sua parte. Questa pronuncia rappresenta un avvertimento chiaro per tutte le aziende: il periodo di prova non è un pretesto per approfittarsi di risorse umane a basso costo. E per chi ha già vissuto situazioni simili, è il momento di informarsi; potrebbe aver diritto a molto più di quanto immagina.

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